Bosnia-Erzegovina, stop alle piccole centrali idroelettriche

di Christian Elia

Il 25 giugno 2020, per i movimenti che si battono contro le grandi opere che impattano sull’ambiente, sarà ricordato come un giorno a suo modo storico.

Il Parlamento della Bosnia-Erzegovina ha votato una moratoria contro tutti i progetti di costruzione di piccole (e invasive) centrali idroelettriche nel Paese, decidendo anche di aumentare i controlli sull’impatto ambientale rispetto a quelle già approvate. Le vecchie procedure di approvazione, inoltre, saranno sottoposte a controlli rispetto alla legalità.

Una grande vittoria per quei movimenti civici, che si raccontano sulle piattaforme BalkanRivers, BalkanGreenEnergyNews e SaveTheBlueHeartofEurope, in prima linea da anni per ostacolare i progetti che incombono sui corsi d’acqua in Bosnia-Erzegovina.

Questo territorio, attualmente, è uno dei punti di maggior interesse per la produzione di energia idroelettrica in Europa. Centrali idroelettriche sono state costruite o sono in fase dicantiere, con conseguenti conflitti sociali e prosciugamento dei corsi d’acqua durante gran parte dell’anno.

Con la decisione del Parlamento di Sarajevo, fiumi come Una, Šujica, Kruščica, parti della Neretva dovrebbero essere ora al sicuro. Un totale di 15 progetti sulla Neretvica e centinaia di altri progetti, per i quali sono già state date concessioni, sono invece in fase di revisione.

Per comprendere il ritmo dei progetti, in piena emergenza Covid-19, il 22 maggio scorso, erano state concessi permessi di costruzione per cinque cinque piccoli centrali idroelettriche (SHPP). L’investitore è l’utility elettrica Elektroprivreda BiH (EPBiH), pubblica, ma con enormi investitori privati.

“Questo può essere un momento storico per i nostri fiumi e la natura. Tuttavia, nei prossimi mesi osserveremo con attenzione che questi obiettivi ambiziosi non vengano annacquati”, dice Nina Kreševljaković, esperta legale dell’Aarhus Center di Sarajevo e membro del team legale della campagna SaveTheBlueHeartofEurope.

“Questo è un passo estremamente importante nella giusta direzione e può servire da modello per tutti gli Stati balcanici e anche per l’intera Europa, poiché i nuovi sviluppi dell’energia idroelettrica costituiscono una grave minaccia per la biodiversità e per le persone”, dice Ulrich Eichelmann, coordinatore della campagna di Riverwatch.

“Le piccole centrali idroelettriche sono solo un contributo simbolico alla produzione di energia elettrica, non solo in Bosnia-Erzegovina, ma in tutti i Balcani e in Europa. È ora di smettere di promuovere questo sfruttamento distruttivo dei fiumi. Ci aspettiamo che questa decisione invii un segnale forte”, ha dichiarato Gabriel Schwaderer, amministratore delegato di EuroNatur.

Andrà valutato quanto l’entusiasmo della società civile per quella che è una grande vittoria potrà poi reggere all’urto degli interessi economici in ballo e al discorso pubblico che continua a proporre l’idroelettrico come una forma ‘pulita’ di energia. Ma per ora si può festeggiare.