I signori dell’acqua

di Christian Elia

 

Le ultime notizie hanno solo confermato un trend che è molto antico, ma che si sta facendo sempre più feroce. Come scritto a ottobre scorso da WGO, e rilanciato negli ultimi tempi da molti organi d’informazione, il nuovo contratto futures sul Nasdaq Veles California Water Index (NQH2O) è realtà: si potrà speculare sul costo dell’acqua.

In concomitanza con questa notizia, la Rai ha reso disponibile un documentario degli autori francesi Patrice Des Mazery e Jérôme Fritel, I signori dell’acqua, che ripercorre dalla fine degli anni Ottanta ai giorni nostri l’assalto al bene più prezioso.

E’ proprio nel 1989 che, al Parlamento di Londra, la leader conservatrice Margaret Tatcher pronuncia un famoso discorso: “La privatizzazione darà grandi risultati”. Alle sue parole seguono le drammatiche immagini dei cittadini inglesi in fila per l’acqua, con oltre 11mila utenze che vennero tagliate in pochi mesi. Nel 1999 la Gran Bretagna legiferò per impedire la sospensione del servizio ai morosi, ma ormai il danno era fatto.

Danno per i consumatori, non per gli investitori che avevano acquisito la gestione della rete idrica di Londra: il fondo d’investimento McQuarry, che vendette poco dopo con un utile impressionante, ma lasciando 56 miliardi di dollari di debiti sulle spalle dei cittadini.

Il documentario, con uno stile un po’ barocco e un po’ retorico, ha il grande merito di mettere in fila i passaggi che dalla fine degli anni Ottanta hanno rappresentato il grande assalto all’ultima risorsa naturale libera del mondo: dalle privatizzazioni alle speculazioni finanziarie. E ha il merito di mostrare i volti e i nomi di alcuni protagonisti, nel bene e nel male.

Come David Hall, ricercatore all’università di Greenwich, che nel 2017 pubblicò uno studio ancora oggi fondamentale su trenta anni di ‘assalto’ economico – finanziario all’acqua, o alcuni tra coloro che, partendo da una considerazione semplice, hanno visto nell’oro blu il business del futuro.

Entro il 2050 la popolazione mondiale dovrebbe arrivare a 10 miliardi di persone. La produzione di cibo e la richiesta d’acqua raggiungerà livelli mai visti, a fronte di una scarsità dovuta a cambiamenti climatici e a eventi metereologici sempre più estremi, nel legame che questi hanno con l’agricoltura intensiva.

Questa considerazione ha portato alcuni personaggi a concentrarsi su come monetizzare scarsità e richiesta. Tra loro spicca un economista, Mike Young, docente all’università di Adelaide, o l’investitore David Williams, attore dei fondi speculativi d’investimento, fino al CitiGroup, passando per i ‘mercanti dell’acqua’ di WaterFind.

Il caso studio del documentario è l’Australia, dove migliaia di agricoltori e allevatori sono finiti sul lastrico: l’acqua si compra, per quote, con una valutazione di 500 dollari per megalitro (un milione di litri d’acqua). Come viene spiegato non si compra o si vende acqua materiale, ma il diritto a prelevarla e utilizzarla. In un paese che sta soffrendo una siccità mai conosciuta prima a causa del cambiamento climatico.

Non mancano gli esempi positivi, come la lotta dell’attivista canadese Maud Barlow, che è stata tra le protagoniste del voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sul diritto all’acqua, o i movimenti per l’acqua pubblica in Italia e in Europa, fino alla conversione al pubblico dell’acqua di Parigi, con l’Eau de Paris, che ha ripreso in mano il bene più prezioso estromettendo gli operatori privati Suez e Volia.

Non c’è tempo da perdere, però. Come dimostra il fatto che la finanziarizzazione del valore dell’acqua (sempre ‘venduta’ come necessità per tutelare un bene scarso dagli sprechi), nel documentario, era solo una minaccia.

La racconta Lance Coogan, uno degli autori dello studio sull’algoritmo che prevede il prezzo dell’acqua in base agli eventi climatici, che con la sua società Veles parlava di futuro nel documentario, ma oggi al Nasdaq il suo sogno (e il nostro incubo) è diventato realtà.

Il link per guardare il documentario su RaiPlay