Idroelettrico nei Balcani. Una lotta che continua
Di Marco Ranocchiari
Nei Balcani sono in costruzione o in progetto circa tremila centrali idroelettriche, di cui circa un terzo in aree protette e ben 118 in parchi nazionali. Un vero e proprio boom che, sebbene giustificato come strumento di transizione verso energie sostenibili, rischia in realtà di avere strascichi devastanti sull’ambiente. I Balcani sono infatti la regione in cui scorrono quasi tutti gli ultimi fiumi europei allo stato naturale, cioè non regimati da opere idrauliche, e in generale dove le acque dolci sono più in salute.
Nel sudest europeo, la vita di intere comunità ruota spesso intorno a fiumi e torrenti. Quasi ovunque le società energetiche tentano di impadronirsi di un corso d’acqua tra la Slovenia e la Grecia, perciò, incontrano la forte opposizione di parte della società civile e degli ambientalisti.
Lo scontro più emblematico si è consumato a Kruščica, un villaggio di ottocento abitanti in Bosnia Erzegovina, il cui omonimo torrente era minacciato da due impianti idroelettrici. Un gruppo di donne, ormai noto come hrabre žene, “donne coraggiose”, ha presidiato un ponte per ben 534 giorni per impedire l’apertura del cantiere, sfidando cariche della polizia e continue minacce di sgombero. La loro vittoria in tribunale, sancita dal tribunale di Novi Travnik lo scorso 14 dicembre, dà una speranza concreta agli attivisti di tutta la penisola.
Le numerose realtà mobilitate contro l’exploit dell’idroelettrico si sono incontrate a Sarajevo lo scorso settembre in occasione del River Meeting, una grande conferenza cui hanno partecipato oltre 250 tra attivisti e studiosi di tutto il mondo. Secondo gli organizzatori, nei Balcani gli investimenti nell’oro blu sono motivati più dai sussidi e dalla speculazione che dalla volontà di abbandonare i combustibili fossili, e ne denunciano l’altissimo impatto ambientale. I nuovi impianti, di solito a piccola produzione, sono infatti realizzati in corsi d’acqua sempre più piccoli, a volte di grande valore ecologico. La conferenza è stata un grande successo organizzativo e comunicativo, che ha permesso agli attivisti di discutere, scambiare esperienze e coordinarsi. I partecipanti hanno redatto una dichiarazione ufficiale rivolta ai governanti degli stati coinvolti e alle istituzioni europee, esortandoli ad una gestione realmente sostenibili dei corsi d’acqua.
Intanto, in tutti i paesi balcanici, le mobilitazioni continuano.