Primo Maggio – Lettera aperta a Marco Paolini
di Redazione
Caro Marco Paolini,
sono molte le voci e gli appelli che hanno trovato spazio sul palco del Primo maggio, rivolti alla pace e alle vittime della guerra in Ucraina, in una piazza San Giovanni finalmente piena sotto il cielo sereno di Roma, dopo due anni di assenza a causa della pandemia. Insieme alla piazza, anche i nostri occhi erano puntati su di te, le nostre orecchie incredule e meravigliate al richiamo puntuale sulla guerra a cui hai dedicato la tua voce: Io, volevo parlarvi della guerra dell’acqua.
La violazione dei diritti umani e ambientali, l’attenzione per i beni comuni come l’acqua e il diritto all’equità intergenerazionale sono temi che raramente occupano le prime pagine dei giornali, dei social o della narrazione politica. Superate le crisi idriche, ci dimentichiamo degli usi rivali emersi, delle logiche di breve periodo. Non prestiamo più attenzione all’acqua che scorre scontata dai nostri rubinetti, voltiamo lo sguardo all’impronta idrica che ognuno di noi ha e all’acqua virtuale che consumiamo. Acqua passata. Amici come prima. Sono passati cinque anni e la siccità è tornata – ripresentandosi a distanza sempre più ravvicinata dalla precedente.
I risultati del referendum del 2011 per decidere sulla proprietà dell’acqua hanno sancito una vittoria per la liberalizzazione del servizio idrico, ma anche della formula dell’acqua bene comune, oltre il pubblico e il privato. Abbiamo definito l’obiettivo di garantire l’accesso all’acqua potabile, denunciando e contrastando i processi che lo ostacolano. Siamo gli unici al mondo ad averlo fatto, il 94% dei votanti ha detto: l’acqua deve essere pubblica, pubblici gli acquedotti. Bene, abbiamo finito, abbiamo vinto. Cosa?
Abbiamo anticipato la rivendicazione del diritto umano all’acqua e la richiesta di un suo riconoscimento esplicito nelle sedi internazionali. Come già rimarcava il Manifesto per il Contratto Mondiale dell’acqua, su iniziativa di Riccardo Petrella, e i giuristi della Commissione Rodotà, è ancora necessario invertire la rotta. È compito incedibile dei poteri pubblici quello di assicurare e promuovere l’uso dell’acqua nel rispetto dei diritti umani, compreso quelli delle generazioni future, e della salvaguardia e valorizzazione integrata degli ecosistemi.
È necessario ripartire da un ruolo attivo dei cittadini, promuovendo una conoscenza collettiva sui problemi dell’acqua per favorire la partecipazione effettiva e gestione democratica della risorsa a tutti i livelli – locale, regionale, nazionale e internazionale. I beni comuni non sono un mito, sono una categoria economica, una categoria giuridica. Sono uno spazio da immaginare e poi da difendere, da conquistare a spinte da sotto verso su, una spinta dal basso, una spinta di gente che fa reti, reti fisiche.
È stato un monologo che in pochi minuti ha denunciato lo stato attuale delle cose in tema di politica di acqua in Italia. Noi restiamo attivi, per sensibilizzare su come si intrecciano le storie delle persone e dei territori dove il diritto all’ambiente è stato violato, dove l’acqua è un bene accaparrato e privatizzato, dove il futuro delle generazioni che verranno è messo in ipoteca dall’avidità e stupidità del presente.
Pensiamo sia possibile attraverso il materiale che realizziamo, produrre un impatto concreto sull’opinione pubblica, sull’agenda politica, sul settore privato. Sosteniamo le campagne per l’acqua pubblica, per fermare il cambiamento climatico, per la tutela dei diritti umani e dei beni pubblici, per la decarbonizzazione dell’economia; contro l’acqua in bottiglia, lo spreco alimentare, la deturpazione dell’ambiente.
L’acqua è un bene comune. I beni comuni sono un’impresa da costruire. Forse sono l’arma migliore che abbiamo per combattere il cambiamento climatico. I tempi stanno cambiando. Caro 1º maggio, da domani tira fuori il nostro coraggio. La nostra sete politica di acqua, di ambiente, di energia bene comune.
Grazie.
Con stima, Water Grabbing Observatory