Tonle Sap, il lago che scompare
Di Emanuele Bompan
Il lago Tonle Sap, il più grande lago di acqua dolce del sud-est asiatico, sito in Cambogia occidentale, è uno dei punti critici del sud est asiatico. Il suo nome significa “Grande fiume dalle acque fresche”, proprio per significare la sua caratteristica unica: l’inversione stagionale. Infatti, nella stagione secca, defluisce nel Mekong attraverso un’arteria fluviale che scorre veloce, ma quando le piogge arrivano da maggio a ottobre il Mekong è così potente che l’acqua scorre all’indietro, riempiendo il lago. Durante questo periodo cresce fino a quattro volte rispetto al suo minimo idrologico, raggiungendo i 14.500 chilometri quadrati (5.600 miglia quadrate), un’area più grande del Libano.
Ma ultimamente i flussi inversi sono sempre più ridotti. Fino a quasi ad azzerarsi. Nel 2020 l’acqua in entrata nel lago è diminuita di oltre un quarto, rispetto ai livelli medi osservati intorno alla fine del secolo. L’effetto di flusso inverso ha raggiunto il livello più basso dal 1997, portando l’area a “condizioni estremamente secche”, sostiene la Mekong River Commission, l’ente internazionale che monitora l’andamento delle acque del grande fiume asiatico. Il Tonle Sap sta diventando il lago che scompare.
A rendere particolarmente critica la situazione, ancora una volta, sono le condizioni meteorologiche legate al cambiamento climatico, come la grave siccità dello scorso anno e l’aumento delle temperature. In passato WGO aveva denunciato l’impatto delle numerose dighe costruite o in costruzione lungo il Mekong come fattore di rallentamento del flusso, insieme a dighe di irrigazione più piccole costruite sui fiumi affluenti. Recentemente uno dei nostri soci, Thomas Cristofoletti, ha realizzato uno splendido lavoro per il South China Morning Post.
The last breath of the Tonle Sap from Ruom Collective on Vimeo.
Un campanello d’allarme
L’allarme è grave. Il cambiamento del livello dell’acqua sta avendo un effetto importante sulle zone umide circostanti, accelerando un declino delle specie in via di estinzione che vivono intorno al lago. Secondo un recente studio della Wildlife Conservation Society, quasi un terzo degli habitat naturali del Tonle Sap è scomparso nel periodo 2003-2018-, mentre ora metà della pianura alluvionale del lago è coltivata a riso.
Ma l’impatto è anche umano. La scarsità degli stock ittici ha spinto la maggior parte delle 2.600 famiglie di pescatori che vivono a Koh Chivang – una comunità di cinque villaggi galleggianti sul lago – a diventare agricoltori per compensare le perdite subite. Ora coltivano terreni che un tempo venivano usati per l’allevamento ittico. E molti stanno abbattendo le foreste circostanti per darsi all’agricoltura. Inoltre molti pescatori, data la riduzione dello specchio d’acqua, stanno penetrando vari santuari dell’avifauna, alla ricerca di nuovi luoghi dove gettare le reti.
Sono a rischio poi le comunità di villaggi galleggianti che si sono adattati al flusso del lago per generazioni: che sia per trasporto, pesca o per vendere cibo e guadagnarsi da vivere, l’utilizzo delle canoe intorno al villaggio rimane il mezzo principale . Si tratta di comunità con scuole, parrucchieri, caffetterie e persino ambulatori dentistici che si muovono sul Tonle Sap, con flotte di canoe e piccoli motoscafi trovando i luoghi migliori dove sostare.
Ma la siccità e la scomparsa dei pesci stanno ora minacciando questo stile di vita tradizionale, – come a Koh Chivan – spingendo tutti i giovani verso la capitale Phnom Peng o altre città in cerca di lavoro.